Teodorico Pedrini C.M.
Fermo 30.6.1671
Beijing 10.12.1746

Le lettere di Pedrini
Il perchè di un'assenza

La sua vita a Fermo e a Roma prima della partenza

La sua vita in Cina

La Musica

I Documenti di Fermo

Il carattere di Teodorico

La controversia dei Riti Cinesi

Lo speciale su "La Voce della Marche"

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        Nell’era in cui basta un sms per comunicare con Pechino e l’email ha soppiantato anche il fax, riesce difficile comprendere quale evento potesse essere nel 1700 l’arrivo o la spedizione di una lettera, specialmente se lo scambio avveniva a migliaia di chilometri di distanza, tra Pechino e Fermo. Una lettera impiegava un anno per arrivare, doveva essere consegnata al corriere per Macao, fare più di duemila chilometri, per arrivare al porto prima della partenza della nave per Lisbona, che dopo mesi e mesi di navigazione intorno all’India e all’Africa e alle Canarie, arrivava in Portogallo e quindi via terra a Roma, e da lì alle Marche. I fatti o i riferimenti in essa contenuti e commentati potevano essere già sorpassati, le informazioni già invecchiate. Il mittente o il destinatario già morti. Esiste una lettera del vescovo di Pechino Della Chiesa che sollecita a Roma un provvedimento che era già stato preso più di un anno prima, ma la lettera che glielo comunicava era giunta a Pechino diversi mesi dopo la partenza della sua.

Eventi del genere erano molto comuni. Lo stesso Teodorico Pedrini in una lettera alla madre scritta il 4 luglio del 1713, dice: “Dopo la funesta nuova della morte del nostro Carissimo Signor Padre di buona memoria non ho ricevute più lettere di Casa”; riscontrando quindi l’evento ben sei anni dopo. Non era infrequente che un missionario spedisse la stessa lettera attraverso la via di nave per Macao, ed in copia verso la “via di terra” per Mosca, o anche inserisse in una lettera “istituzionale” al Prefetto della propria Congregazione, anche una lettera personale destinata alla madre o al fratello, o viceversa; oppure che inviasse una lettera a più destinatari, chiedendo ad un parente di condividerla con un amico. Venivano spediti veri e propri plichi, contenenti più lettere, che il destinatario aveva il compito di distribuire, e questo spiega anche la presenza di più lettere con le stesse date o spedite nello stesso periodo (molto frequenti sono i mesi di ottobre e novembre, in quanto erano l'ultimo momento utile per non perdere la partenza delle navi di gennaio). Ad esempio esiste anche una lettera di Pedrini al fratello che era stata inviata a Roma a Romolo Spezioli con preghiera di recapitarla a Fermo. E’ un segnale evidente della conoscenza e della confidenza che Pedrini aveva con il famoso medico e generalmente con la cerchia dei fermani a Roma.

La lettera era all’epoca l’unico mezzo di comunicazione ed anche fra Pechino e la sede del Vescovo, che stava a Linqing, nello Shandong, a circa 600 chilometri di distanza, capitava di inviare lettere anche ogni giorno, quando gli eventi si accavallavano, ma comunque ci volevano circa quindici giorni perché il destinatario le ricevesse. E non sapremo mai quante lettere andarono perdute nel naufragio di un vascello intorno al Capo di Buona Speranza, in un assalto ad un convoglio nel Guangdong o in Spagna o in Mongolia, o dentro un caminetto di Macao.

Teodorico Pedrini di distinse in questo ambito con peculiare zelo e produttività. Egli scrisse centinaia e centinaia di pagine di lettere, di contenuto religioso o familiare, firmandosi “Teodorico Pedrini indegno prete della Congregazione della Missione”, che oggi costituiscono sicuramente la principale fonte di informazioni sulla sua vita, sulle sue esperienze private e pubbliche, ed in moltissimi casi, anche sui delicati passaggi dello spinoso problema, in bilico tra il religioso e il diplomatico, noto come la Controversia dei Riti; tanto che è impossibile per qualunque studioso di questo argomento non imbattersi nella sua figura e nei suoi rapporti sull’accaduto.

Le lettere, insieme alle relazioni e ai rapporti “istituzionali”, di Teodorico Pedrini sono oggi conservate in diversi archivi europei. Innanzitutto quelli della Congregazione della Missione a Roma, al Collegio Leoniano, e della Casa Madre a Parigi, che però possiede solo delle copie di diverse lettere, i cui originali sono di nuovo a Roma, ma alla Casa Generalizia dell’Ordine dei Frati Minori. Poi molte altre lettere sono conservate negli archivi di Propaganda Fide, la Sacra Congregazione di cui Pedrini faceva parte e che oggi si chiama Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Altre lettere o relazioni sono conservate nell’archivio delle Missions Etrangères di Parigi e nell’Archivio Segreto Vaticano. Alcune si trovano nella Biblioteca Corsiniana e alla Casanatense; una si trova alla British Library di Londra ed una in copia ad Avila in Spagna, due a Manila nelle Filippine. Molte sono state pubblicate negli anni 1865-1866 nelle Memoires de la Congregation de la Mission (voll. IV, V e VI) ed altre negli Annali di Madrid e Roma della Congregazione della Missione. Nel prezioso volume VII della Bibliotheca Missionum edita nel 1931 da Streit e Dindinger vi sono i riferimenti bibliografici di circa 65 lettere scritte da Teodorico.

Questo enorme patrimonio di informazioni e pensieri, di saluti e gesti di affetto, di poesie e di rimpianti, ma anche di orgoglio e di passione, assomma oggi a circa 620 lettere per un totale di più di duemila pagine, che costituiscono un corpus di stupefacente ricchezza, e rappresentano un altro primato di cui Teodorico Pedrini è titolare: il suo infatti è uno dei più corposi epistolari conservati fino ai giorni nostri, tra i missionari in Cina nel ‘700.

         Sono innumerevoli le informazioni contenute in questi scritti, ed è impossibile riferirle concisamente, ma vale se non altro la pena di focalizzare poche immagini personali e private che emergono qua e là tra queste pagine.

        Per esempio quella della sorella Teresa, la prima Teresa, ricordata da Teodorico nel ritratto con il crocifisso in mano prima di morire in tenera età (lettera al cognato Gaetano Buratti del 29 ottobre 1732) o come quella del piccolo nipote cui venne dato il suo nome, Teodorico, ma che morì anche lui prima di compiere quattro anni (lettera al fratello Eraclito del 27 settembre 1744), o almeno questo è quello che lui racconta, anche se probabilmente la cronaca familiare sembra smentirlo. In entrambi questi casi una lettera di Teodorico da Pechino costituisce, fino ad oggi, la prima fonte di informazione relativa a questi eventi. Ed un’altra importante notazione viene dalla sua lettera al fratello Eraclito, del 1° settembre 1719, in cui chiede notizie dell’utilizzo fatto dell’eredità del padre morto dodici anni prima.

        E si sta parlando solo delle lettere giunte fino a noi, senza considerare quelle mai ritrovate, né tantomeno quelle, che dovevano essere state numerosissime, da lui ricevute in Cina da parte di parenti o amici, che, se non sono state distrutte da lui stesso negli ultimi anni della sua vita (come racconta in una lettera a Padre Arcangelo Miralta) quasi sicuramente sono andate perdute nella distruzione della sua chiesa-residenza di Pechino, avvenuta nel 1811.

       Un capitolo a parte merita la struggente nota di malinconia contenuta in una poesia in latino che Teodorico inserisce in una lettera a Giovanni Battista Spinucci del 24 ottobre 1740. Una poesia in cui si dilunga a ricordare le vie e i tetti di Fermo, che non vedeva ormai da quasi cinquant’anni, ed a baciarli quasi fisicamente, e a ricordare poi il Marguttu, la statua protagonista della giostra, ed il Galluccio, il mostravento bronzeo che si trova (anche se oggi è una copia) in cima alla Cattedrale e che ancora oggi si vede da ogni direzione, in particolar modo da Oriente.

Vale poi la pena di evidenziare, all’interno di questo sterminato patrimonio di documenti, un insieme di trentatrè pagine conservate nell’archivio di Propaganda Fide a Roma più altre quindici all'Archivio Segreto Vaticano. Si tratta di lettere scritte con un codice cifrato, che sono spia della particolare situazione in cui Pedrini si trovò ad operare in Cina. Teodorico Pedrini inviò più volte nel corso della sua permanenza a Pechino, dei rapporti sugli avvenimenti cinesi ai vertici di Propaganda Fide, a quei tempi il Prefetto era il Cardinale Giuseppe Sacripante, e quindi al Papa. E’ chiaramente rivelatore del ruolo che egli ricopriva in Cina, della fiducia di cui godeva da parte del Papa e del Prefetto di Propaganda, il fatto che poteva usare un codice cifrato per scrivere ai vertici della Curia Romana. Basta notare che per poter inviare una lettera cifrata a Roma, da Pechino, era necessario comunque condividere con il destinatario e con pochissime altre persone, uno schema di decrittazione, e che quindi con questo schema in tasca Pedrini doveva, evidentemente, essere partito, nel 1702, per la Cina. Si tratta di un capitolo di studio interessantissimo, il cui necessario approfondimento è stato appena iniziato da M.Curtis e F.Fabris in un articolo su una rivista specializzata nell’ottobre del 2003. La presenza nel cifrario dei nomi di Giampé (a Macao dal 1703 e Procuratore di Propaganda dal 1705 al 1709) e di Appiani (Lazzarista a Canton, entrato in Cina nel 1699, fu interprete della Legazione Tournon nel 1705), permette di datarlo al periodo immediatamente precedente l’arrivo di Pedrini in Cina.

Su tutta la grande produzione di lettere di Teodorico Pedrini, tra il 1702, anno della sua partenza dall’Italia, ed il 1746, anno della sua morte, lo studio è appena iniziato.

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
   

 

 

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